Intervista a Mimmo Pantaleo del 2.03.13

"Il risultato elettorale chiama in causa il sindacato. Serve più
radicalità".
Intervista a Mimmo Pantaleo
fabio sebastiani, Liberazione, 2.03.13

La prima domanda è sulla nuova fase di attacco al pubblico impiego. Ora
diventerà il centro del fiscal compact, o sbaglio?

Noi intanto riteniamo che i contratti vadano rinnovati. Lunedì partirà dal
nostro sindacato una vera e propria offensiva sui contratti nazionali.
Contemporaneamente c¹è la perdita del potere d¹acquisto dei salari e il
tentativo di prorogare il blocco non solo di un anno perché con l¹indennità
di vacanza contrattuale il blocco sarà almeno fino al 2017. In secondo
luogo, occorre mettere mano alla parte normativa perché intanto i vari
settori sono cambiati. Serve un contratto che sia più coerente rispetto alle
prestazioni di lavoro. In terzo luogo, il problema prioritario è di
cancellare alcune norme della legge Brunetta. In presenza di quelle norme il
contratto rischia di essere snaturato nella sua valenza regolatrice. Se
rimane quella legge diventa difficile la contrattazione decentrata.

Qual è il tuo giudizio sul risultato elettorale?
Dal voto emerge una domanda di forte cambiamento e di superamento di una
situazione sociale di disagio e disperazione. La spinta di questo voto è la
spinta a cambiare, non ci sono dubbi. Credo che il sindacato dovrebbe
interpretare questo bisogno di cambiamento al di là di come finirà la
partita sugli assetti di governo che si dibatte alla ricerca della
maggioranza.

Cosa deve fare il sindacato per aprirsi a questo cambiamento?
Anche per noi diventa tutto più difficile e complicato mentre nel paese
monta il disagio e la rabbia. Rischi di essere impotente come sindacato.
Penso che il sindacato debba fare una operazione di riscossa sociale e
mettere in campo alcune priorità fondamentali. I dati sul lavoro sono
drammatici, e si rischia una rottura definitiva tra giovani e paese. Il
secondo punto è la distribuzione della ricchezza, visto che siamo in una
condizione in cui è saltato qualsiasi rapporto tra lavoro e condizione
sociale di cittadinanza.

Legato all'attacco al pubblico impiego c'è la difesa del welfare.
Certo, e direi una difesa intransigente del welfare. Bisogna fare una
proposta dirompente come il reddito di cittadinanza. Naturalmente mi rendo
conto che abbiamo un problema immediato, quello delle risorse degli
ammortizzatori sociali in deroga. Bisogna osare, però, e chiedere una
estensione del welfare. E poi c'è la questione della democrazia nei luoghi
di lavoro. Del resto proprio il segno del voto indica una maggiore richiesta
di partecipazione. Il settore privato non può rimanere distante e diverso
dal pubblico impiego.

Non pensi che la Cgil debba pensare innanzitutto a disincagliarsi dalle
conseguenze della scelta di appoggiare in pieno il centrosinistra?
Penso che la Cgil ha intuito giustamente che le grandi questioni sociali
hanno bisogno di un governo . Il punto è che oggi siamo in una situazione in
cui quella domanda rischia di essere inevasa. Naturalmente il risultato
elettorale chiama in causa il sindacato. Penso che oggi c'è una crisi della
rappresentanza sociale. Hai difficoltà a dare risposte che le persone si
attendono. Dai, insomma, la sensazione di impotenza mentre cresce la
richiesta di giustizia sociale nel Paese. Penso che ci voglia chiarezza su
poche priorità e radicalità per portare avanti questa piattaforma.

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