Nel 1992 mi sono laureata con la ferma intenzione di diventare insegnante. Ai tempi esisteva, in via Alamanni, il Provveditorato agli Studi. Adesso si chiama Centro Servizi Amministrativi ed è in via Mannelli. Ai tempi portavi fotocopie autenticate in Comune per compilare le domande. Adesso ognuno scannerizza in proprio, compila da solo e si presenta virtualmente in questa piazza professionale. Ai tempi le convocazioni venivano fatte per la strada, con il megafono. La gente stava, dalla notte prima, in attesa delle graduatorie. Scenari apocalittici, legati ai desideri, alle opportunità, ad un'Italia strana con due velocità, quella dei migranti del lavoro culturale (i supplenti annuali) e quella dei neolaureati che si affacciavano al mondo della scuola in modo poco organizzato. L'organizzazione diventava immantinentemente necessaria e self-made perché era finalizzata alla sopravvivenza. Passavano nomi, numeri, turni, solidarietà. Ed era sempre questo periodo: dalla metà di luglio alla metà di agosto. Dovevi essere vigile perché, altrimenti, se ne sarebbe andata la tua possibilità di lavorare, quindi erano giorni tesi, faticosi, solidi.